Silvia Tantimonaco, Universidá d'Uviéu - Universidad de Oviedo (29/03/2025)
https://reunido.uniovi.es/index.php/Lletres/article/view/22439/16809
Dizionari de Lenghe Furlane (DLF). CLAAP [soc. coop. par cure di Alessandro Carrozzo] (2024).
Il Dizionari de Lenghe Furlane (DLF) si avvia a diventare il primo dizionario completo della lingua friulana in versione monolingue. Principale curatore ne è Alessandro Carrozzo, presidente della società cooperativa SERLING (Servizis Linguistics pe Lenghe Furlane), coadiuvato da altri lessicografi già collaboratori del Grant Dizionari Bilengâl Talian-Furlan (GDBTF, 1999-2011) nonché da esperti nel settore informatico. Infatti, l’edizione del DLF è integralmente digitale, potendosi consultare gratuitamente e senza necessità di registrarsi all’indirizzo: https://dizionarifurlan.eu. In tal modo, il progetto in questione (tuttora in corso) s’inserisce nel filone della linguistica computazionale che, nel caso specifico del friulano, include anche la versione online del GDBTF (https://arlef.it/it/grande-dizionario-bilingue-italiano-friulano/), il correttore ortografico friulano (https://arlef.it/struments/coretor-ortografic-furlan/), il traduttore automatico italiano-friulano Jude (http://www.serling.org/w/traduzion-automatiche/) e il corpus etichettato della lingua friulana (https://claap.org/corpus-furlan/). Tutti questi strumenti sono volti a favorire l’uso operativo della lingua friulana da parte della popolazione e degli enti pubblici della regione Friuli-Venezia Giulia, dove tale uso ufficiale è riconosciuto dalla legge regionale 15 del 22 marzo 1996. Allo stesso tempo, il DLF, col suo carattere monolingue, supera per la prima volta la prospettiva dialettalista di matrice risorgimentale, i cui principali prodotti erano stati finalizzati alla traduzione del friulano in altre lingue, per volgersi invece a una funzione normalizzatrice della lingua in questione (Carrozzo, 2014).
Infatti, la legge nazionale 482 del 15 dicembre 1999 riconosce il friulano tra le 12 minoranze linguistiche storiche presenti nel territorio italiano, mentre un decreto del 2 maggio 2001 ne dispone le varie forme di tutela e utilizzo in vari ambiti ufficiali (Marcato, 2002, p. 199). Ad oggi, il friulano risulta parlato nella provincia di Udine, in gran parte del territorio facente capo a Pordenone (ad est del fiume Tagliamento), nei comuni a ovest del fiume Isonzo della provincia di Gorizia, nonché, fuori regione, in alcuni comuni della provincia di Venezia (Segatti & Guglielmi, 2015, p. 283).
Rimane notoriamente esclusa la provincia di Trieste, la quale, avendo a lungo subìto l’influenza della Repubblica di Venezia, presenta sin dal XIX secolo una parlata a base veneziana, fornendo un interessante esempio di ‘colonialismo’ linguistico (Marcato, 2002, p. 172). Anzi, proprio l’opposizione linguistica e culturale a Trieste, pur elevata a capoluogo del Friuli-Venezia Giulia, sembra aver contribuito, insieme ad altri fattori, alla rinascita dell’identità friulana e alla messa in atto di un processo di valorizzazione del friulano come madrelingua (marilenghe) della regione (Segatti & Guglielmi, 2015, p. 283).
I lavori per il DLF sono cominciati nel 2020 con parziale finanziamento dell’Agjenzie Regjionâl pe Lenghe Furlane e proseguono, dal 2024, per iniziativa privata. Tra gli obiettivi del progetto, e compatibilmente con la disponibilità di fondi, vi è la compilazione di almeno 70.000 lemmi entro il 2030, pari al lessico stimato della lingua friulana, compresi cultismi e neologismi di uso comune e lessico specialistico. Attualmente, il dizionario raccoglie circa 18.000 lemmi e locuzioni.
Rispetto ai grandi dizionari monolingui riferiti ad altre lingue romanze, il DLF si contraddistingue non solo per la volontà di offrire una descrizione semantica profonda ed articolata di ciascun lemma, ma anche per il ricorso a citazioni (attualmente, circa 60.000) tratte da pubblicazioni di vario genere, come narrativa, teatro, poesia, giornalismo, divulgazione scientifica, etc. Dette citazioni forniscono una base concreta di documentazione linguistica e contribuiscono, allo stesso tempo, a diffondere la conoscenza delle pubblicazioni citate, evidenziando la ricchezza della produzione scritta in friulano (allo stato attuale dei lavori, sono oltre 1.000 gli autori e oltre 6.000 i titoli citati: https://dizionarifurlan.eu/sources/). A tale proposito, va segnalato il ricorso anche alle canzoni e al genere teatrale che, per il carattere mimetico della lingua impiegata, riproduce elementi autentici della lingua orale (p.e. l’uso preferenziale del passato prossimo rispetto al passato remoto, ormai preservato solo nello scritto).
Pur mirando alla definizione di uno standard – necessario per qualsiasi lingua dotata di carattere ufficiale – il DLF ingloba anche varianti interne. Per esempio, se cerchiamo la parola canai, il cui significato principale è quello di “persona che ha pochi anni, in età infantile” (“persone che e à pocs agns, te etât de infanzie”) siamo rimandati anche ad altri sinonimi, tra i quali nin mostra un uso soprattutto locale (“tiermin doprât soredut tal Friûl ocidentâl, ma ancje in dut il rest dal Friûl”).
Iniziative come il DLF trovano particolarmente senso nel contesto italiano, nel quale la pluralità linguistica si configura come un elemento, nonostante tutto, ancora riscontrabile e pienamente integrato nella quotidianità delle persone. E non si tratta solo di quelle varietà alle quali la legge riconosce ufficialmente lo status di ‘lingua’, come il friulano o il sardo, ma anche di molti altri ‘dialetti’, tra i quali risultano essere particolarmente vivaci quelli parlati in Veneto, Calabria, Basilicata e Sicilia (D’Agostino, 2007, p. 486 e p. 487, Tab. 1). Negli anni Duemila, il 49% della popolazione italiana dichiarava infatti di usare uno dei dialetti italoromanzi o delle lingue di minoranza accanto alla lingua nazionale (De Mauro, 2012, p. 36). In Friuli, concretamente, il tasso di popolazione che nel 2011 dichiarava di avere il friulano come madrelingua si aggirava intorno al 40% (Segatti & Guglielmi, 2015, p. 283); stime del 2006 suggerivano, invece, che il dialetto fosse presente in varia misura in oltre il 70% delle famiglie venete (Ursini, 2012, p. 25).
Proprio perché lingue vive, i dialetti sono sottoposti a continui mutamenti, non solo in direzione della loro italianizzazione, ma anche, talora, nei termini di ‘innovazioni divergenti’ (De Mauro, 2012, p. 37). Per questo motivo, il formato digitale del DLF, garantendo la possibilità di un continuo aggiornamento, nonché di una facile e rapida consultazione, ci appare come una scelta particolarmente azzeccata, nonché in linea con le esigenze del mondo contemporaneo.
Bibliografia
- Carrozzo, A. (2014). La lexicografía friulana del último siglo y medio. De los diccionarios dialectales a los diccionarios normativos y a las nuevas tecnologías. In F. Córdoba Rodríguez et al. (Coord.). Lexicografía de las lenguas románicas. Perspectiva histórica, vol. 1, pp. 85-114. Berlin/Boston: Walter Mouton de Gruyter.
- D’Agostino, M. (2007). Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo. Bologna: Carocci editore.
- De Mauro, T. (2012). Italiano oggi e domani. In C. Marazzini (a cura di). Italia dei territori e Italia del futuro. Varietà e mutamento nello spazio linguistico italiano, pp. 29-50. Firenze: Le Lettere.
- Marcato, C. (2002). Dialetto, dialetti e italiano. Bologna: Il Mulino.
- P. Segatti, P. & Guglielmi, S. (2015). Identità regionali e varietà linguistiche in Friuli Venezia Giulia e Sardegna. In Salvati M. & Sciolla, L. (a cura di). L’Italia e le sue regioni: l’età repubblicana, vol. 1, pp. 281-289. Roma: Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani.
- Ursini, F. (2012). Sono vitali le varietà venete? Quaderni Veneti 1. pp. 21-34.